I farmaci intravitreali per la maculopatia essudativa

I farmaci intravitreali per la maculopatia essudativa

3 Aprile, 2007

Degenerazione Maculare Senile (DMS), miopia, diabete, trombosi venose retiniche, infiammazioni intraoculari hanno in comune la possibilità di determinare una maculopatia essudativa, con conseguente danno ai fotorecettori e forte calo visivo, fino alla perdita della visione centrale, la cosiddetta cecità legale.

La rilevanza sociale di questa patologia è palese se si considera che la sola DMS essudativa registra in Italia circa 14000 nuovi casi all’anno. La rilevanza economica non è da sottovalutare, considerati i costi diretti e indiretti di questa malattia, che negli stadi finali può comportare perdita della produttività e della indipendenza, depressione, nell’anziano fratture ossee e precoce ricovero in lungodegenza.

E’ naturale quindi che la medicina negli ultimi anni si sia molto applicata nello sviluppare nuove cure: dai primi laser termici, utili solo in caso di lesione più periferica (extrafoveale), alla terapia fotodinamica con verteporfina, utilizzabile anche nei frequenti casi di coinvolgimento foveale.

Purtroppo però i risultati di questi trattamenti, pur lusinghieri nel caso della fotodinamica, erano ancora lontani dall’essere soddisfacenti, visto il gran numero di recidive; la ricerca si è orientata quindi su farmaci che agiscano alla radice della neovascolarizzazione, dell’edema e della infiammazione. Dopo una prima esperienza con l’uso di steroidi intravitreali, ci si è rivolti a terapie antiangiogenetiche derivate dagli antitumorali, in specie agli inibitori del VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor).

Una serie di fattori di rischio (età, miopia, diabete, occlusioni vascolari, malattie infiammatorie) può portare infatti ad uno squilibrio tra i fattori inibitori e fattori stimolatori della crescita di cellule endoteliali.Tra i fattori stimolatori il VEGF è il più importante promotore dell’angiogenesi e dell’edema: induce le cellule endoteliali a lisare la membrana basale, a migrare ed a riprodursi. Vi è poi l’intervento della componente infiammatoria, con il richiamo di macrofagi che, che stimolano a loro volta la secrezione di VEGF da parte dell’epitelio pigmentato retinico.

VEGF

Il VEGF ha quindi un ruolo di primo piano nella angiogenesi e nella permeabilità vascolare, oltre ad avere una funzione fisiologica in molti aspetti della vita animale: è essenziale per lo sviluppo embrionale, ha un ruolo nel ciclo riproduttivo femminile, nella riparazione delle ferite, favorisce il recupero dopo ischemia miocardica promuovendo lo sviluppo di nuovi vasi, è espresso anche nei tessuti cerebrali, renali e gastrointestinali. Per quanto riguarda i tessuti oculari, quantità fisiologiche di VEGF sono indispensabili nell’occhio sano per mantenere il flusso ematico, ma alte quantità si ritrovano nella neovascolarizzazione patologica secondaria a DMS o miopia, nella retinopatia diabetica, nell’occlusione venosa retinica, nella retinopatia del prematuro, nella neovascolarizzazione iridea o corneale.

In sintesi la retina danneggiata esprime, con la mediazione del VEGF, due importanti manifestazioni patologiche:

A)    Neovascolarizzazione (nella maculopatia senile, miopica o di altra natura):

  1. rilascio di VEGF ed altri fattori angiogenici
  2. legame del fattore di crescita ai recettori delle cellule endoteliali
  3. attivazione delle cellule endoteliali, proliferazione, migrazione e formazione di neovasi.

B)     Edema (in: diabete, trombosi, infiammazioni ed altro)

  1. rilascio di VEGF
  2. aumento della permeabilità vascolare indotto da VEGF (50000 volte più potente che nel rilascio di istamina)
  3. alterazioni delle giunzioni strette
  4. fenestratura endoteliale mediata da leucociti.

FARMACI INTRAVITREALI

L’inibizione della componente infiammatoria, edematosa e neovascolare delle maculopatie è stata dapprima sperimentata con l’utilizzo intravitreale degli steroidi e poi con farmaci più specifici come gli inibitori del VEGF. Tra i farmaci più utilizzati ci sono: il Triamcinolone Acetonide (es.:Kenacort), il Bevacizumab (Avastin), il Pegaptanib (Macugen) ed il Ranibizumab (Lucentis).

Triamcinolone Acetonide (Kenacort):

ha buone capacità antiangiogenetiche e antifibroblastiche, con meccanismo d’azione diretto sulle cellule endoteliali ed indiretto sull’inibizione della migrazione dei macrofagi, dei mastociti ed altre cellule infiammatorie che producono fattori angiogenici; interrompendo la cascata dell’acido arachidonico riduce la presenza di prostaglandine, responsabili della rottura della barriera ematoretinica interna e quindi dell’edema retinico. E’ stato ampiamente utilizzato come farmaco “off label” nell’edema maculare (diabetico, infiammatorio o di altra natura) e come trattamento complementare alla terapia fotodinamica nella neovascolarizzazione sottoretinica, ma i risultati dei vari studi scientifici condotti a riguardo sono contrastanti e le gravi complicanze che possono raramente manifestarsi associate alla iniezione intravitreale di questo farmaco (endoftalmite settica, glaucoma, cataratta) hanno indotto la casa produttrice del farmaco a segnalare nel foglio illustrativo la controindicazione per l’uso intraoculare; da allora l’utilizzo del Triamcinolone è pressoché cessato.

Pegaptanib (Macugen):

Peg/apta/nib: un aptamero pegilato che inibisce il VEGF. Un aptamero è un piccolo frammento di RNA sintetico con struttura altamente specifica per legarsi ad un’altra molecola, in questo caso al VEGF165, l’isoforma di VEGF più implicata nella neovascolarizzazione sottoretinica; per aumentarne l’emivita l’aptamero è stato legato a un gruppo di polietilenglicole (peg).E’ fornito in siringa sterile monouso con ago da 27 gauge; la concentrazione del farmaco è di 0.3 mg/0.1 ml; l’emivita nel vitreo è di circa 15 giorni, pertanto la somministrazione va ripetuta ogni 5-6 settimane (negli studi iniziali ogni 6 settimane per 1-2 anni, nella odierna pratica clinica fino alla stabilizzazione della patologia).Lo studio clinico principale che ha portato all’approvazione dell’utilizzo di Macugen è lo studio VISION (VEGF Inhibition Study in Ocular Neovascularization); esso comprende due studi randomizzati, in doppio cieco, di confronto verso l’iniezione fittizia, in cui l’ ”end point” primario consisteva nel valutare la percentuale di pazienti con perdita di più di 15 lettere di acuità visiva rispetto al basale alla settimana 54: la percentuale di chi perdeva meno di 15 lettere di acuità era del 70% nel gruppo Macugen, del 55% nel gruppo placebo; dopo un anno i pazienti sono stati nuovamente randomizzati a continuare o sospendere il trattamento: chi ha proseguito ha avuto una minor perdita della visione (15.8% vs. 26.5%).

Bevacizumab (Avastin):

è un anticorpo monoclonale murino umanizzato anti VEGF, con elevata attività antiangiogenica ed antiedemigena, nato in terapia oncologica per contrastare lo sviluppo di neovascolarizzazioni patologiche nel carcinoma metastatizzato del colon-retto; gli effetti collaterali sono riferiti pressoché esclusivamente all’utilizzo sistemico: ipertensione arteriosa, proteinuria, tromboembolia arteriosa, ritardo della cicatrizzazione delle ferite, eventi emorragici, perforazioni gastrointestinali.L’utilizzo intraoculare prevede dosi bassissime e una distribuzione sistemica quasi insignificante, inoltre la salute generale del paziente oculistico è migliore rispetto a quella del paziente trattato per patologia neoplastica, pertanto il rischio di queste complicanze nell’uso intraoculare è assolutamente basso.

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